Nella serata di martedì 16 dicembre si è tenuto il terzo appuntamento del Ciclo di formazione Tra Arte, Restauro e Psicoanalisi. Dopo il riuscitissimo esordio della professoressa Brugnolo, è stata la volta del prof. Luca Trevisan che ci ha accompagnato alla scoperta del contenuto del suo libro “Il respiro del bosco. Le montagne della città di Vicenza sull’Altopiano dei Sette Comuni”.

Dopo un breve cappello introduttivo con i doverosi saluti istituzionali a cura del presidente Mario Bagnara, Trevisan ci porta alla scoperta del rapporto tra la nostra città e l’Altopiano. Il Respiro del bosco è frutto di una ricerca del professore durata più di un anno, un libro che racconta delle novità sulla storia dell’Altopiano attraverso documenti inediti e rivisitati, la maggior parte conservati nell’Archivio Torre della Biblioteca Bertoliana.

Trevisan ricorda la preziosa collaborazione di Tarcisio Bellò ed Egilio Fontana al progetto. Il testo, come ci racconta, ripercorre alcuni episodi della storia dell’Altopiano, soprattutto nel frangente dei rapporti della città di Vicenza con i Sette Comuni, ponendo in dialogo la microstoria con la macro storia, la storia locale con la storia internazionale.

Trevisan procede nel racconto servendosi di alcune immagini di supporto. Ci ricorda di come l’Altopiano sia un luogo di incontri multiculturali tra popolazioni nordiche e padane. Procede raccontandoci l’importanza della famiglia Da Romano, in particolare nella figura di Ezzelino III nella prima metà del XIII secolo, in quanto sancisce l’inizio del monopolio di Vicenza sulla proprietà delle montagne della fascia settentrionale. Procediamo nel secolo successivo, quando nel ‘300 Vicenza inizia a gravitare nell’orbita della signoria scaligera, la quale ha un occhio di riguardo per queste montagne ai quali abitanti gli Scaligeri propongono esenzioni fiscali, che verranno confermate anche quando questa fascia nel 1405 diviene possedimento della Repubblica Serenissima di Venezia.

Fino ad a quella data, difficilmente si parla di Sette Comuni, questi infatti non presentavano ancora una struttura definita fino ai primi decenni del 1400. Trevisan procede raccontandoci le risorse della fascia settentrionale di queste montagne: i pascoli, fittati prevalentemente ad abitanti del luogo e principalmente riservati all’allevamento di ovini, e i boschi, tema maggiormente dibattuto nelle controversie che hanno attraversato i secoli successivi. Questi boschi, non venivano fittati ma ceduti agli abitanti dei Sette Comuni, i quali se ne servivano per prelevare legna. Il legname era bene assai prezioso, Trevisan nel suo volume lo nomina come il petrolio dell’epoca. Ci riporta poi un interessante passo dell’abbate Agostino dal Pozzo, nel quale esso ammonisce i suoi concittadini sul fatto di tagliare indiscriminatamente il bosco, e ne parla come di un patrimonio da preservare e da trasmettere alle generazioni future. Passo che evidenzia l’estrema e precoce consapevolezza dell’abate Dal Pozzo sulle questioni di sostenibilità, sia per ragioni di carattere economico che di salvaguardia ambientale, infatti si dimostra cosciente del rischio idrogeologico che deriva da uno scellerato sfruttamento. Parole profetiche e di grandissima modernità, sottolinea Trevisan.

Procede, a questo punto, illustrandoci le controversie che nascono tra Vicenza e la reggenza dei Sette Comuni, che a un certo punto avanza pretese di uso civico su queste montagne. Controversie che sfociano in vere e proprie cause legali, di cui abbiamo diverse testimonianze. Conflitti che è utile inquadrare nel contesto internazionale dei rapporti, tesi, tra Venezia e l’impero. Trevisan procede raccontandoci del Congresso di Trento del 1533-35: importante momento durante il quale si cerca di chiarire chi fosse il legittimo proprietario di quelle montagne, in particolare le due aree della piana di Vezzena a ovest e piana di Marcesina a est, varcate sia dai boscaioli vicentini sia, dato il facile accesso e la loro posizione di confine, da popolazioni trentine provenienti quindi da nord. Nel congresso di Rovereto del 1605 verrà stabilita la divisione di Marcesina in due e l’attribuzione di Vezzena a Levico, quindi al Trentino. Punto interessante, sottolinea il professore, è che l’attribuzione non viene definita seguendo il diritto di proprietà, ma attraverso il criterio dell’uso continuativo di quegli spazi e quelle montagne. Così la città di Vicenza interpellerà l’Istituto della Licenza veneziano, e questa stabilisce che chiunque voglia tagliare il legname debba avere una apposita licenza rilasciata da Vicenza stessa. Ciò stabilirà le zone disboscabili, scelta strategica da parte della nostra città in modo da lasciare intoccati i passi, così da renderli meno accessibili dalle popolazioni da nord. Scelta che è conseguenza della preminenza del criterio di utilizzo.

Trevisan continua raccontandoci un altro aneddoto: nel 1586, per la prima volta, Vicenza decide di affittare per 12 anni alcuni boschi della Marcesina, e non era mai successo che affittassero per una durata così lunga. Nacque da questo fatto una reazione scomposta e violenta degli abitanti dei Sette Comuni, i quali non accettano che venga ceduta. Tant’è che nel 1587 viene a galla un documento datato 1327, epoca scaligera, che sosteneva che Cangrande I della Scala cedette le montagne alla reggenza dei Sette Comuni. Tuttavia era un falso e viene immediatamente scoperto dalla giustizia veneziana, quindi non produce gli esiti sperati. Trevisan conclude, illustrandoci il motivo per cui Vicenza decise di affittare i boschi per motivi commerciali: da metà ‘500 a metà ‘800 inizia periodo di grande freddo, denominato la piccola glaciazione. Ci racconta un piccolo aneddoto per cui alcuni documenti riportano che in piena estate i vicentini erano costretti a girare in pelliccia e ad accendere il fuoco, ed inoltre venne indetto un bando per la caccia ai lupi, i quali erano scesi in pianura dato il drastico abbassamento delle temperature. Periodo in qui si acutizzano le dispute giudiziarie tra Vicenza e i Sette Comuni, e ad un cero punto emerge volontà di dividere le proprietà dell’una e dell’altra parte in modo chiaro.

Successivamente, nel corso del 1700, Vicenza inizia a manifestare un progressivo disinteresse sulla gestione di quelle montagne. Il 14 aprile 1783 con una delibera comunale, la città cede ai Sette Comuni le montagne che erano state di sua proprietà. Questi per un periodo mantengono l’uso indiviso, tuttavia successivamente subentrando incomprensioni per la gestione delle rendite provenienti dall’ affitto di boschi e pascoli, l’Altopiano viene diviso. Il primo accordo, ci informa Trevisan, avverrà solo nel 1914, dopo un lungo periodo di processi. Un anno più tardi proprio su quelle montagne si consumerà la guerra, e alla fine di essa verrà considerata necessaria una revisione di quel documento date le intere sezioni di boschi rasi al suolo dai combattimenti.

Si giunge a una soluzione solo alla fine di dicembre del 1925, con un atto che sancisce che tutta la fascia dell’Altopiano rimanga al comune di Asiago, mentre una parte di esso viene ceduta in proprietà ad ognuna delle sette comunità dell’Altopiano. Quest’atto divisorio ha ancora valenza ai giorni nostri. Il professor Trevisan conclude la conferenza condividendo con i numerosi spettatori una riflessione: quando camminiamo per le città abbiamo l’impressione di star camminando nella storia, ma quando camminiamo nei boschi no, ed è necessario, a suo avviso, prendere coscienza del patrimonio storico che le nostre montagne ed i nostri boschi rappresentano.

L’incontro si è concluso con diverse domande rivolte al relatore, a dimostrazione del vivo interesse degli ascoltatori.

Come ci ricorda al momento dei saluti il prof. Luca Trevisan, è fondamentale cogliere l’attenzione per la tematica della sostenibilità, che già imperversava all’epoca, e farne prezioso insegnamento.

Federica Gigliozzi

 

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