
È stata una giornata straordinaria sabato a villa Caldogno. Abbiamo avuto come guida di eccezione Katia Brugnolo che ci ha illustrato i meravigliosi affreschi di Antonio Fasolo, Giulio Carpioni e Giovan Battista Zelotti. Con una spiegazione davvero emozionante, Katia Brugnolo ci ha fatto entrare nella dimensione cinquecentesca della vita in villa, attraverso l’osservazione degli affreschi del Salone d’onore di Antonio Fasolo, dove sfilano personaggi in foggia dell’epoca con movenze aggraziate, pronti ad iniziare un concerto al nostro ingresso, invitandoci alle danze e ad un gustoso banchetto. Personaggi che sono vera e propria materia per gli studiosi di storia del costume, ma anche della musica, asserisce Katia Brugnolo, che avanza l’ipotesi di un artista musico all’opera in queste sale, data la precisione con la quale rappresenta gli strumenti musicali, cari al proprietario committente, Angelo Caldogno, amante della musica e dell’arte. Raro strumento rappresentato qui è la particolare spinetta nell’affresco di sinistra entrando, unica testimonianza di un esemplare che non si è conservato fino ai nostri giorni.
La meraviglia non si ferma però al salone d’onore, prosegue nelle stanze adiacenti con gli affreschi di un altro grande artista, lo Zelotti, che a Caldogno mette in scena le vicende di Scipione l’Africano e di Sofonisba di cui narra Tito Livio nelle sue Storie. Una pagina di storia romana raccontata con grande energia, dice Katia Brugnolo, ma con drammaticità ormai contenuta.
E infine la stanza del Pastor Fido nella quale interviene nel Seicento, dopo la soppressione della scala che conduceva ai piani superiori, Giulio Carpioni il quale prosegue il tema bucolico della stanza, che presentava scene dell’Aminta del Tasso, con un’altra favola pastorale, quella del Pastor Fido di Battista Guarini, dove anche in questo caso, dopo varie peripezie, l’amore esce vincitore.
Appassionante e stupefacente è stata poi la spiegazione dell’arch. Diego Peruzzo che ci ha condotto a scoprire le cantine della villa. Peruzzo durante la sua campagna di restauro ha avuto la fortuna, a seguito di una brillante intuizione, di rinvenire sotto la pavimentazione il sistema idraulico cinquecentesco, ancora intatto, progettato da Andrea Palladio.
L’architetto ha spiegato come è avvenuto questo ritrovamento: “Sollevato il pavimento, ho potuto scoprire l’antica canaletta in mattoni ricoperta con lastre di pietra dove scorreva l’acqua, fatta convogliare artificialmente dalla roggia a nord che scendeva verso Vicenza”. L’architetto ci ha fatto vedere come, con una serie di chiuse, ben visibili, l’acqua fosse utilizzata nel Cinquecento per servizi, quali lo scarico dei bagni e la cucina. Quest’ultima, collocata in una stanza provvista di camino, era dotata di un secchiaio a terra, portato oggi alla luce.
Nel vano centrale delle cantine sono state poi ritrovate quattro sponde dove venivano disposte le botti per la produzione del vino, in corrispondenza delle quali altre piccole canalette in mattoni servivano per far defluire quanto tracimava entro un piccolo pozzo. Nello stesso vano, al centro, un pozzo romboidale, chiamato dall’arch. “occhio della terra”, serviva per controllare il flusso delle acque ed ha la stessa forma del rombo del frontone “occhio del cielo”.
L’architetto Peruzzo ha continuato la sua spiegazione, evidenziando come poi abbia, durante i lavori, seguito il fluire dell’acqua anche all’esterno, verso est, dove è emersa una cisterna originale: “Una volta utilizzata, l’acqua veniva fatta convogliare entro la cisterna. Dalla stessa roggia, poi, veniva anche ricavata l’acqua per alimentare una piccola peschiera e irrigare il brolo. Un sistema idraulico che certo Palladio deve aver appreso dallo studio degli antichi Romani durante il suo viaggio a Roma. Lo stesso Palladio spiega nei suoi Quattro Libri dell’Architettura: “Se si potrà fabbricare sopra al fiume, sarà cosa molto comoda e bella, percioché e le entrate con poca spesa in ogni tempo si potranno nella città condurre con le barche e servirà agli usi della casa e degli animali, oltre che apporre molto fresca la estate e farà bellissima vista e con grandissima utilità et ornamento si potranno adacquare le possessioni, i giardini e i bruoli che sono l’anima e il diporto della villa”. Enunciato che fu evidentemente messo in pratica e villa Caldogno ne è la riprova.