Perfettamente riuscita la visita culturale a Mantova sabato 26 ottobre 2019. Scaldati da quel tepore ottobrino, che ha caratterizzato le ultime settimane del mese, non potevamo che goderci le due mostre dedicate a Giulio Romano a Palazzo Ducale e a Palazzo Te. Per la prima parte della giornata abbiamo avuto una guida eccezionale, il prof. Paolo Bertelli, componente il Comitato Scientifico della grande mostra di Palazzo Ducale Con nuova e stravagante maniera. Giulio Romano a Mantova, che ci ha accompagnato sia attraverso il lungo percorso della mostra sia alla Camera degli sposi, facendoci appassionare con il suo modo accattivante, ricco di aneddoti storici, alimentato da quell’orgoglio tutto mantovano e dalla sua grande preparazione storico-artistica. Dopo una prima spiegazione all’esterno del palazzo sulla storia della famiglia Gonzaga e sulla costruzione dell’edificio sede della mostra, ci ha illustrato il suo articolarsi e i motivi che hanno spinto a tale realizzazione: Con nuova e stravagante maniera è stata concepita come il susseguirsi di tre sezioni con le quali si vuole mettere in luce il genio poliedrico di Giulio Romano che si espresse in forme artistiche e discipline estremamente varie, dall’architettura alla pittura, dagli arazzi all’oreficeria, trovando un comune denominatore nella pratica del disegno. Grazie in particolare alla collaborazione con il Musée du Louvre sono riusciti a realizzare la più grande esposizione di disegni del più celebre allievo di Raffaello. Il prof. Bertelli sarà anche nostro ospite al secondo appuntamento del 7° ciclo di incontri a Palazzo Chiericati il 19 novembre, per parlare di questo filo rosso che lega il più importante artista del Cinquecento, Raffaello, e il suo erede designato che esportò il proprio talento alla corte dei Gonzaga, influenzando con la sua maniera tutto il nord Italia.
Tra le sale maestose di Palazzo Ducale e di Palazzo Te, l’arte di Giulio Pippi de’Jannuzzi viene riportata alla vita nei due scrigni che lo hanno consacrato artista poliedrico tout court. Enormi arazzi, ceramiche e libri del tempo affiancano i disegni e i cartoni preparatori, celebrando la sua maestria. Se infatti nei disegni di età giovanile sono evidenti i prestiti dal maestro, rappresentati da un uso privilegiato della sanguigna su carta preparata e da un disegno già molto definito, così cambiano una volta approdato in età più matura: penna e inchiostro nero acquerellato vengono preferiti per dare profondità alle scene e alle figure. Anche i primi pensieri sono risultati molto interessanti per capire lo sviluppo non solo del progetto dell’opera singola, ma anche per l’evoluzione dell’arte di Giulio Romano.
I nostri occhi si sono posati poi anche su quelle meravigliose decorazioni che ornano le sale: stucchi, quadri, volte e pareti affrescate e grottesche popolano Palazzo ducale, che al tempo suscitarono l’invidia anche dell’Imperatore Carlo V. Bertelli ha fatto presente, tra un passaggio e l’altro nelle varie sale, che i moltissimi spazi vuoti incorniciati da queste decorazioni in stucco ospitavano effettivamente dei quadri che con la vendita della collezione a metà del Seicento perpetrata da Vincenzo II, entrarono in quella di Carlo I Stuart, re d’Inghilterra.
Se la prima sezione allestita al piano terreno del Castello di San Giorgio, Il segno di Giulio, analizza la produzione grafica di Giulio come progettista, designer e pittore in un momento precedente l’arrivo nella città gonzaghesca, nella seconda Al modo di Giulio, che occupa la Corte Nuova e l’Appartamento di Troia, viene suggerito un dialogo diretto tra i disegni dell’artista e la decorazione della residenza dei Gonzaga. Infatti, sala per sala, laddove è ancora possibile, s’instaura una relazione tra i suoi disegni e gli ambienti reali. È il caso, ad esempio, della Sala dei cavalli dov’è esposto il disegno preparatorio per la decorazione del soffitto con la Caduta di Icaro, confronto apprezzabile tramite uno specchio.
La terza sezione della mostra, Alla maniera di Giulio, chiude il percorso e qui vengono approfonditi i temi di Giulio Romano architetto, tra cui spicca la copia di un disegno da parte di Andrea Palladio, e quello della sua eredità, con le opere di allievi e discepoli, quali Fermo Ghisoni, Giovanni Battista Bertani, Lorenzo Costa.
Di grande impatto e ben conservati sono il salone d’onore tutto decorato con affreschi che ripropongono il finto marmo come la scalinata d’accesso al palazzo, la Camera dei Cesari, i cui ritratti sono di Tiziano e le cornici di Giulio Romano, per la quale il prof. Bertelli ha fortemente voluto e fatto sistemare dei pannelli sulla porzione inferiore che riproponessero la decorazione originaria mutuata da un rilievo di Ippolito Andreasi.
La seconda parte della giornata è stata dedicata alla visita di Palazzo Te, che ospita l’esposizione Arte e desiderio, sempre dedicata al celebre artista. Anche qui una guida d’eccezione ed eccezionale, la professoressa Laura Lo Prete, che ci ha introdotto e portato alla riflessione sulla tematica affrontata dalla mostra, che è strettamente connessa al luogo che la ospita. Soggetti erotici e storie amorose sono infatti ricorrenti nelle sale di Palazzo Te, i quali ci sono stati ben spiegati dalla professoressa che ha posto particolare accento sul senso della costruzione dell’edificio, commissionato a Giulio Romano da Federico II Gonzaga quale luogo di svago, di riposo e di incontri amorosi con la bella cortigiana Isabella Boschetti. Questo luogo di delizie doveva sorgere fuori città in un isolotto circondato da laghetti dove già si trovava un edificio quattrocentesco, luogo di addestramento per i pregiati cavalli, soggetto che ricorre in particolare nella sala omonima. Tra quadri, arazzi e sale di soggetto mitologico, come la Sala dei Giganti, il nudo e la tematica erotica ci hanno offerto la possibilità di riflettere su un aspetto relativamente poco noto dell’arte del Rinascimento, che ha avuto libertà e vita breve, poiché il Concilio di Trento mise al bando questo genere di produzione. A celebrare la tematica e l’influsso di quegli allora neonati scavi romani iniziati nel Cinquecento sul coacervo di staterelli del suolo italiano, all’ingresso della mostra si staglia la statua di Venere, dea per antonomasia dell’amore, già di proprietà di Giulio Romano e donata dall’artista al marchese di Mantova, Federico Gonzaga. L’esposizione è divisa in sei parti che celebrano l’artista presentando molte fasi della sua produzione, sin da quella giovanile nella bottega di Raffaello, in particolare il suo intervento nella decorazione della stufetta del Cardinal Bibbiena nel Palazzo Vaticano (1515-1516), e nella Loggia di Psiche alla Villa Farnesina a Roma; quella de I Modi, una serie di 16 immagini pornografiche, incise da Marcantonio Raimondi e accompagnate da sonetti licenziosi composti da Pietro Aretino e le ultime tre ospitanti disegni e incisioni con soggetti amorosi mascherati da storie mitologiche e giustificati come traduzioni in immagini di invenzioni letterarie e poetiche che, come già ricordato, a seguito delle disposizioni del Concilio di Trento, vennero meno. In quest’ultima parte della mostra vengono ospitati anche la tela intitolata i Due Amanti, conservato all’Ermitage realizzato poco prima dell’arrivo dell’artista a Mantova, nel 1524, e lo spettacolare arazzo con Mercurio ed Erse.
Una giornata spettacolare si è conclusa all’insegna della scoperta di Giulio Romano, prima attraverso quel trait d’union che è il disegno a Palazzo Ducale e poi, sotto la più celata veste di pittore di scene erotiche che vide la sua miglior celebrazione nel luogo di tale leggerezza e brio, Palazzo Te.

Due facce della stessa medaglia che, dopo trent’anni dall’ultima retrospettiva sull’artista, tornano a toccarsi nella stessa città che ne aveva suggellato il coronamento a maestro indiscusso e fautore di quella strana e stravagante maniera romana che seppe dialogare con il nord dell’Italia, influenzando tutti i settori dell’arte.

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