Il respiro del bosco. Le montagne della città di Vicenza sull’Altopiano dei Sette Comuni – Conferenza 15.12.2020

Nella serata di martedì 16 dicembre si è tenuto il terzo appuntamento del Ciclo di formazione Tra Arte, Restauro e Psicoanalisi. Dopo il riuscitissimo esordio della professoressa Brugnolo, è stata la volta del prof. Luca Trevisan che ci ha accompagnato alla scoperta del contenuto del suo libro “Il respiro del bosco. Le montagne della città di Vicenza sull’Altopiano dei Sette Comuni”.

Dopo un breve cappello introduttivo con i doverosi saluti istituzionali a cura del presidente Mario Bagnara, Trevisan ci porta alla scoperta del rapporto tra la nostra città e l’Altopiano. Il Respiro del bosco è frutto di una ricerca del professore durata più di un anno, un libro che racconta delle novità sulla storia dell’Altopiano attraverso documenti inediti e rivisitati, la maggior parte conservati nell’Archivio Torre della Biblioteca Bertoliana.

Trevisan ricorda la preziosa collaborazione di Tarcisio Bellò ed Egilio Fontana al progetto. Il testo, come ci racconta, ripercorre alcuni episodi della storia dell’Altopiano, soprattutto nel frangente dei rapporti della città di Vicenza con i Sette Comuni, ponendo in dialogo la microstoria con la macro storia, la storia locale con la storia internazionale.

Trevisan procede nel racconto servendosi di alcune immagini di supporto. Ci ricorda di come l’Altopiano sia un luogo di incontri multiculturali tra popolazioni nordiche e padane. Procede raccontandoci l’importanza della famiglia Da Romano, in particolare nella figura di Ezzelino III nella prima metà del XIII secolo, in quanto sancisce l’inizio del monopolio di Vicenza sulla proprietà delle montagne della fascia settentrionale. Procediamo nel secolo successivo, quando nel ‘300 Vicenza inizia a gravitare nell’orbita della signoria scaligera, la quale ha un occhio di riguardo per queste montagne ai quali abitanti gli Scaligeri propongono esenzioni fiscali, che verranno confermate anche quando questa fascia nel 1405 diviene possedimento della Repubblica Serenissima di Venezia.

Fino ad a quella data, difficilmente si parla di Sette Comuni, questi infatti non presentavano ancora una struttura definita fino ai primi decenni del 1400. Trevisan procede raccontandoci le risorse della fascia settentrionale di queste montagne: i pascoli, fittati prevalentemente ad abitanti del luogo e principalmente riservati all’allevamento di ovini, e i boschi, tema maggiormente dibattuto nelle controversie che hanno attraversato i secoli successivi. Questi boschi, non venivano fittati ma ceduti agli abitanti dei Sette Comuni, i quali se ne servivano per prelevare legna. Il legname era bene assai prezioso, Trevisan nel suo volume lo nomina come il petrolio dell’epoca. Ci riporta poi un interessante passo dell’abbate Agostino dal Pozzo, nel quale esso ammonisce i suoi concittadini sul fatto di tagliare indiscriminatamente il bosco, e ne parla come di un patrimonio da preservare e da trasmettere alle generazioni future. Passo che evidenzia l’estrema e precoce consapevolezza dell’abate Dal Pozzo sulle questioni di sostenibilità, sia per ragioni di carattere economico che di salvaguardia ambientale, infatti si dimostra cosciente del rischio idrogeologico che deriva da uno scellerato sfruttamento. Parole profetiche e di grandissima modernità, sottolinea Trevisan.

Procede, a questo punto, illustrandoci le controversie che nascono tra Vicenza e la reggenza dei Sette Comuni, che a un certo punto avanza pretese di uso civico su queste montagne. Controversie che sfociano in vere e proprie cause legali, di cui abbiamo diverse testimonianze. Conflitti che è utile inquadrare nel contesto internazionale dei rapporti, tesi, tra Venezia e l’impero. Trevisan procede raccontandoci del Congresso di Trento del 1533-35: importante momento durante il quale si cerca di chiarire chi fosse il legittimo proprietario di quelle montagne, in particolare le due aree della piana di Vezzena a ovest e piana di Marcesina a est, varcate sia dai boscaioli vicentini sia, dato il facile accesso e la loro posizione di confine, da popolazioni trentine provenienti quindi da nord. Nel congresso di Rovereto del 1605 verrà stabilita la divisione di Marcesina in due e l’attribuzione di Vezzena a Levico, quindi al Trentino. Punto interessante, sottolinea il professore, è che l’attribuzione non viene definita seguendo il diritto di proprietà, ma attraverso il criterio dell’uso continuativo di quegli spazi e quelle montagne. Così la città di Vicenza interpellerà l’Istituto della Licenza veneziano, e questa stabilisce che chiunque voglia tagliare il legname debba avere una apposita licenza rilasciata da Vicenza stessa. Ciò stabilirà le zone disboscabili, scelta strategica da parte della nostra città in modo da lasciare intoccati i passi, così da renderli meno accessibili dalle popolazioni da nord. Scelta che è conseguenza della preminenza del criterio di utilizzo.

Trevisan continua raccontandoci un altro aneddoto: nel 1586, per la prima volta, Vicenza decide di affittare per 12 anni alcuni boschi della Marcesina, e non era mai successo che affittassero per una durata così lunga. Nacque da questo fatto una reazione scomposta e violenta degli abitanti dei Sette Comuni, i quali non accettano che venga ceduta. Tant’è che nel 1587 viene a galla un documento datato 1327, epoca scaligera, che sosteneva che Cangrande I della Scala cedette le montagne alla reggenza dei Sette Comuni. Tuttavia era un falso e viene immediatamente scoperto dalla giustizia veneziana, quindi non produce gli esiti sperati. Trevisan conclude, illustrandoci il motivo per cui Vicenza decise di affittare i boschi per motivi commerciali: da metà ‘500 a metà ‘800 inizia periodo di grande freddo, denominato la piccola glaciazione. Ci racconta un piccolo aneddoto per cui alcuni documenti riportano che in piena estate i vicentini erano costretti a girare in pelliccia e ad accendere il fuoco, ed inoltre venne indetto un bando per la caccia ai lupi, i quali erano scesi in pianura dato il drastico abbassamento delle temperature. Periodo in qui si acutizzano le dispute giudiziarie tra Vicenza e i Sette Comuni, e ad un cero punto emerge volontà di dividere le proprietà dell’una e dell’altra parte in modo chiaro.

Successivamente, nel corso del 1700, Vicenza inizia a manifestare un progressivo disinteresse sulla gestione di quelle montagne. Il 14 aprile 1783 con una delibera comunale, la città cede ai Sette Comuni le montagne che erano state di sua proprietà. Questi per un periodo mantengono l’uso indiviso, tuttavia successivamente subentrando incomprensioni per la gestione delle rendite provenienti dall’ affitto di boschi e pascoli, l’Altopiano viene diviso. Il primo accordo, ci informa Trevisan, avverrà solo nel 1914, dopo un lungo periodo di processi. Un anno più tardi proprio su quelle montagne si consumerà la guerra, e alla fine di essa verrà considerata necessaria una revisione di quel documento date le intere sezioni di boschi rasi al suolo dai combattimenti.

Si giunge a una soluzione solo alla fine di dicembre del 1925, con un atto che sancisce che tutta la fascia dell’Altopiano rimanga al comune di Asiago, mentre una parte di esso viene ceduta in proprietà ad ognuna delle sette comunità dell’Altopiano. Quest’atto divisorio ha ancora valenza ai giorni nostri. Il professor Trevisan conclude la conferenza condividendo con i numerosi spettatori una riflessione: quando camminiamo per le città abbiamo l’impressione di star camminando nella storia, ma quando camminiamo nei boschi no, ed è necessario, a suo avviso, prendere coscienza del patrimonio storico che le nostre montagne ed i nostri boschi rappresentano.

L’incontro si è concluso con diverse domande rivolte al relatore, a dimostrazione del vivo interesse degli ascoltatori.

Come ci ricorda al momento dei saluti il prof. Luca Trevisan, è fondamentale cogliere l’attenzione per la tematica della sostenibilità, che già imperversava all’epoca, e farne prezioso insegnamento.

Federica Gigliozzi

 

L’evoluzione stilistica di Giambattista Tiepolo dal periodo giovanile alla maturità – Conferenza 10.12.2020

Giovedì 10 dicembre si è svolto il primo incontro del ciclo di formazione “Tra Arte, Restauro e Psicoanalisi” tenuto dalla professoressa Katia Brugnolo che ci ha accompagnati alla scoperta del celebre artista Giambattista Tiepolo presentando parte della sua ampissima produzione e ricostruendo le tappe evolutive del suo stile.

Partendo dalla fase giovanile, troviamo Tiepolo come garzone presso la bottega del maestro veneziano Lazzarini, nella quale si formerà per sette anni fino al 1717, data che segna anche la sua entrata nella fraglia dei pittori veneziani. Attraverso l’utilizzo di diapositive, Brugnolo ci accompagna alla scoperta delle opere. Il viaggio inizia dalla Circoncisione del Lazzarini, in cui si esplica il dualismo tra tenebrismo e chiarismo, per procedere poi con l’analisi dell’opera di un altro grande maestro essenziale per la formazione, il Piazzetta con l’Estasi di San Francesco. Terzo artista incisivo per la giovinezza dell’artista è Louis Dorigny, in particolare per gli affreschi a Villa La Rotonda del Palladio.

Il percorso procede prendendo in considerazione le prime opere del Tiepolo, in cui il suo primo stile pittorico è caratterizzato da grafia nervosa e tormentata, imponenza dei volumi delle figure e la presenza di riflessi bluastri nelle ombreggiature. Brugnolo ricorda un’opera particolare di questa fase dell’artista in quanto di dimensioni minutissime (11,5 cm circa), probabilmente il coperchio di una tabacchiera, il Memento Mori conservato alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Il viaggio prosegue attraverso il primo intervento ad affresco del Tiepolo, quello a villa Baglioni a Massanzago (Padova), in collaborazione col Mengozzi Colonna. Già evidenti da questa fase gli splendidi cieli dell’artista, i primi studi, già magistrali, sulla luce e sul rapporto tra figure e spazio, qui evidenziati in particolare dalle quadrature del collaboratore. Leggerezza e senso di lievità pervadono quindi le sue opere dai primissimi esperimenti.

Brugnolo procede col Martirio di San Bartolomeo per la chiesa veneziana di San Stae, emblema della sua rapace capacità di assimilare modelli dagli altri artisti, e la Crocifissione di Burano con la sua luce abbagliante che sarà un elemento tipico di tutte le opere del Tiepolo. Veniamo a uno snodo nella sua evoluzione attraverso l’incontro con l’architetto ticinese Domenico Rossi, grazie al quale svilupperà un senso della luce come luminosità solare che avrà modo di sperimentare negli edifici restaurati proprio dallo stesso architetto. Nell’ affresco a soffitto il Potere dell’Eloquenza, presso Palazzo Sandi a Venezia, sviluppa un modello compositivo che avrà ampia fortuna anche successivamente: protagonisti laterali che si affacciano e un vortice centrale che crea una smaterializzazione delle figure in turbini di luce.

Il ciclo per il palazzo arcivescovile di Udine sancisce il definitivo sposalizio tra Tiepolo e la rappresentazione di una luce solare e pervadente, che il pittore ha assimilato indubbiamente anche attraverso l’osservazione della produzione del Veronese. Inoltre è qui evidente la costruzione teatrale delle raffigurazioni, rappresentazioni pervase di armonia compositiva e cromatica e inoltre l’ampio uso di scorci, sancite tutte come caratteristiche riconoscibili del pittore.

Mentre nel dipinto Alessandro e Campaspe nello studio di Apelle conservato al Museum of Fine Arts di Montreal, Tiepolo ci fa intravedere la sua tecnica di preparazione dei supporti pittorici, a fondo scuro, a conferma delle analisi diagnostiche degli studiosi.

Affrontando il periodo della prima maturità (1729-1737) si nota l’affaccio e l’interesse di mettersi alla prova nei grandi cicli di affresco, come ci spiega Brugnolo.  Particolarmente evidente la dissolvenza nella luce delle figure protagoniste di questi cicli e il dosaggio chiaroscurale di scuola veronesiana, come a Palazzo Archito e Palazzo Casati Dugnani a Milano.

Al periodo Milanese succede il ritorno a Venezia caratterizzato da una proposta di soggetti prevalentemente religiosi, come l’Immacolata Concezione conservata al Museo Civico vicentino, che introduce la novità della composizione delle figure attraverso un moto gestuale e di sguardi. Altro snodo della carriera del pittore è l’opera Maria in gloria tra apostoli e santi, conservato nella Chiesa di Ognissanti a Rovetta (Bergamo): lo zigzagare stenografico a definire le composizioni spaziali, una vera e propria rivoluzione nell’organizzazione dello spazio, ed il tratto caratteristico del Tiepolo che suggerisce la velocità d’esecuzione. Procediamo attraverso i cicli per Villa Loschi Zileri Dal Verme a Biron (Vicenza) e la Chiesa dei Gesuati a Venezia. Quest’ultima, in particolare nell’affresco Apparizione della Vergine a San Domenico mostra caratteri stilistici completamente rinnovati: il Tiepolo introduce colori diafani, scambi spaziali tra realtà e rappresentazione e un tessuto cromatico iridescente, il tutto è completamente avvolto nel biancore connotando una novità nel registro cromatico dell’artista.  Brugnolo procede attraverso la Salita al Calvario, conservata a Sant’Alvise a Venezia, e la composizione a spirale e ulteriori studi sulla luce.

Il Tiepolo nel 1740 torna a Milano e ne La corsa del carro del Sole a Palazzo Clerici a Milano, introduce il cliché apollineo dell’idealizzazione della bellezza, il quale permarrà in quasi tutta la sua produzione successiva. Ulteriori elementi di novità si avvertono nel ciclo veneziano per la Scuola Grande dei Carmini: si tratta della scompaginazione iconografica, ossia un’operazione di scomposizione e ricomposizione iconografica arbitraria da parte dell’artista nelle figure allegoriche.

L’attività dell’artista continua a Villa Cordellina Lombardi a Montecchio Maggiore (Vicenza): Tiepolo conduce indagini sulla luce creando ombre in controluce negli affreschi spesso di consistenza pulviscolare.

Giungiamo poi al celebre intervento presso la Residenz di Wurzburg alla quale Tiepolo approda nel 1750. Ciclo prestigioso a livello internazionale, in particolare l’intervento nella Kaisersaal (stanza del trono), affreschi di iconografia politica e/o storica, in comunicazione con gli stucchi del Bossi. L’apice del ciclo è il soffitto affrescato rappresentante L’Olimpo e i Quattro Continenti, che riporta il cliché apollineo circondato dalle allegorie.  Brugnolo racconta un particolare curioso: accanto alle figure mitologiche vengono rappresentati anche gli artisti contemporanei che progettarono e costruirono la Residenz, tra cui Tiepolo stesso e il figlio Gian Domenico. Dopo l’impresa di Wurzburg e il rientro in patria, Tiepolo accetta la commissione del ciclo per Villa Valmarana ai Nani a Vicenza, in cui introduce grandi novità: il trionfo della sensibilità personale, l’arte che parla al cuore contro l’arte encomiastica, che fanno affiorare la nuova esigenza artistica di naturalezza e verità. Tiepolo in questa sede precorre i tempi dimostrandosi artista preromantico.

Brugnolo passa ad analizzare l’ultimo periodo dell’artista selezionando alcune opere: Santa Tecla intercede per la liberazione di Este dalla pestilenza, conservata nel Duomo atestino, caratterizzata da estremo pathos comunicato anche dai colori lividi a prevalenza di grigi; l’Apoteosi di Orazio Porto, in cui si vede lo stile bozzettistico che caratterizza la produzione matura e finale della vita di Tiepolo, creato sulla base di procedimenti zigzaganti rapidi e sintetici.

Ultima impresa è quella a Madrid, presso il Palazzo Reale, in cui recupera lo stile dei grandi cicli ad affresco precedenti. L’ultimissimo periodo lo vede confrontarsi con le tematiche religiose, che trasmette pittoricamente attraverso un processo di sintesi ed espressione di profonda interiorizzazione dei temi sacri, si veda San Pasquale Baylon adora il Santissimo Sacramento e San Francesco d’Assisi riceve le stimmate, tele entrambe conservate al Prado.

Brugnolo conclude l’esposizione con un’opera risalente agli ultimi mesi di vita del Tiepolo, Riposo nella fuga in Egitto, conservata alla Staatgalerie di Stoccarda. Qui la sacra famiglia lascia spazio alla natura come protagonista. Il Tiepolo si dimostra definitivamente artista preromantico, rimanendo fedele ad un’esecuzione veloce e saettante. Giambattista Tiepolo morirà poco dopo, lasciando in eredità all’umanità un patrimonio inestimabile.

L’evento si conclude con i saluti istituzionali del presidente dell’Associazione, il prof. Mario Bagnara. Inoltre, un cappello finale con la professoressa Brugnolo, ora in veste di artista ceramista, che presenta le sue ceramiche su ispirazione delle opere del Tiepolo, a evidenziare l’attualità e la contemporaneità del sentimento che pervade le opere del celebre pittore.

Il secondo appuntamento con il corso di formazione è stato indubbiamente un debutto riuscito, un primo tentativo da parte degli Amici dei Musei di Vicenza di adattare la propria proposta culturale al difficile periodo della pandemia, in modo da poter perseguire anche in questi tempi difficili i propri obiettivi di promozione della cultura.

Federica Gigliozzi

Ripresa delle attività degli Amici dei Musei di Vicenza Assemblea Ordinaria a Villa Valmarana Bressan

Ricominciano finalmente le attività degli Amici dei Musei di Vicenza rivolte alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico. Per una degna ripartenza, l’Associazione ha scelto di svolgere mercoledì 17 giugno la propria Assemblea Ordinaria in una sede d’eccellenza, la villa palladiana Valmarana-Bressan di Monticello Conte Otto.

A dirigere l’Assemblea, che prevedeva anche la nomina del nuovo Consiglio Direttivo, è stato Mario Bagnara, Presidente dell’Associazione. Oltre a riassumere tutte le numerose attività svolte nell’ultimo anno dagli Amici dei Musei, il prof. Bagnara ha salutato, esprimendo viva gratitudine per il lavoro svolto, la veterana consigliera uscente, Maria Cristina Corà Tonellotto, che con impegno e determinazione si è prodigata per lunghi anni per l’Associazione, credendo fermamente nelle sue finalità.

Ad illustrare la Villa è stato Luca Matteazzi, Consigliere e Presidente delle Guide Turistiche di Vicenza. Sono inoltre intervenuti Alessandro Bressan, proprietario della villa, e Massimiliano Rossato, Presidente del Gruppo Arte di Monticello Conte Otto, i quali da anni cercano, con sforzi lodevolissimi, di valorizzare al meglio questo gioiellino palladiano.

Villa Valmarana-Bressan è annoverata dagli storici tra le prime opere di Andrea Palladio in base ad un disegno autografo conservato a Londra (Royal Institute of Brithish Architects). Dotata di un ricco apparato decorativo ad affresco di epoche diverse, ospita oggi, nei riscoperti “Spazi dei Granai”, un museo sulla civiltà contadina e sulla vita di Andrea Palladio, curato da Massimiliano Rossato e Galliano Rosset, artista e scrittore.

Gli amici dei musei ringraziano per l’ospitalità ricevuta e danno il loro sostegno alle azioni di tutela che si stanno svolgendo su questo bene inestimabile, patrimonio dell’UNESCO.

5 OPERE 1 MUSEO #5Opere1Museo #MuseiChiusiMuseiAperti #iorestoacasa

La GAMI – Associazione dei Giovani Amici dei Musei d’Italia e la FIDAM – Federazione Italiana Amici dei Musei hanno proposto un’interessante iniziativa intitolata 5opere1museo a cui gli Amici dei Musei di Vicenza hanno partecipato con entusiasmo come affiliati.  Lo scopo è stato quello di far entrare la cultura nelle case durante il periodo di  lockdown. Hanno aderito al progetto 70 Associazioni FIDAM distribuite sull’intero territorio nazionale. La rubrica ha consentito di scoprire 5 opere, selezionate dalle Associazioni locali, conservate nei Musei Italiani.

I componenti della sezione giovanile dell’Associazione vicentina hanno scelto alcune opere conservate al Museo Civico di Palazzo Chiericati e si sono impegnati a stendere le schede scientifiche.

Sono state presentate alla Federazione italiana i seguenti 5 capolavori vicentini:

La Verità Svelata dal Tempo di Gian Battista Tiepolo

Le Età dell’Uomo di Antoon VaDyck

Sant’Agostino risana gli sciancati di Jacopo Robusti detto il Tintoretto

Crocifissione di Hans Memling

Madonna in trono con bambino di Bartolomeo Montagna

 

 

Chiusura della segreteria 12/03/2020

Carissimi Soci e simpatizzanti tutti dell’Associazione Amici dei Musei della città e della provincia di Vicenza,
a seguito di quanto disposto dal DPCM di lunedì 9 marzo in merito alle misure cautelative di contenimento dell’emergenza, si comunica che la nostra segreteria rimarrà chiusa al pubblico fino a nuove disposizioni ministeriali. Si continuerà però il lavoro in modalità smart work (collegamento on line e/o telefonico) a partire da domani giovedì 12 Marzo.

Per qualsiasi informazione o richiesta, Vi chiediamo di contattarci attraverso e-mail al solito indirizzo info@amicimuseivicenza.it.

Sarà nostra cura informarVi circa eventuali ulteriori provvedimenti.
Ringraziando per la cortese collaborazione,

Mario Bagnara con il Consiglio Direttivo e lo staff di segreteria

26 ottobre- Uscita memorabile a Mantova. Alla scoperta di Giulio Romano

Perfettamente riuscita la visita culturale a Mantova sabato 26 ottobre 2019. Scaldati da quel tepore ottobrino, che ha caratterizzato le ultime settimane del mese, non potevamo che goderci le due mostre dedicate a Giulio Romano a Palazzo Ducale e a Palazzo Te. Per la prima parte della giornata abbiamo avuto una guida eccezionale, il prof. Paolo Bertelli, componente il Comitato Scientifico della grande mostra di Palazzo Ducale Con nuova e stravagante maniera. Giulio Romano a Mantova, che ci ha accompagnato sia attraverso il lungo percorso della mostra sia alla Camera degli sposi, facendoci appassionare con il suo modo accattivante, ricco di aneddoti storici, alimentato da quell’orgoglio tutto mantovano e dalla sua grande preparazione storico-artistica. Dopo una prima spiegazione all’esterno del palazzo sulla storia della famiglia Gonzaga e sulla costruzione dell’edificio sede della mostra, ci ha illustrato il suo articolarsi e i motivi che hanno spinto a tale realizzazione: Con nuova e stravagante maniera è stata concepita come il susseguirsi di tre sezioni con le quali si vuole mettere in luce il genio poliedrico di Giulio Romano che si espresse in forme artistiche e discipline estremamente varie, dall’architettura alla pittura, dagli arazzi all’oreficeria, trovando un comune denominatore nella pratica del disegno. Grazie in particolare alla collaborazione con il Musée du Louvre sono riusciti a realizzare la più grande esposizione di disegni del più celebre allievo di Raffaello. Il prof. Bertelli sarà anche nostro ospite al secondo appuntamento del 7° ciclo di incontri a Palazzo Chiericati il 19 novembre, per parlare di questo filo rosso che lega il più importante artista del Cinquecento, Raffaello, e il suo erede designato che esportò il proprio talento alla corte dei Gonzaga, influenzando con la sua maniera tutto il nord Italia.
Tra le sale maestose di Palazzo Ducale e di Palazzo Te, l’arte di Giulio Pippi de’Jannuzzi viene riportata alla vita nei due scrigni che lo hanno consacrato artista poliedrico tout court. Enormi arazzi, ceramiche e libri del tempo affiancano i disegni e i cartoni preparatori, celebrando la sua maestria. Se infatti nei disegni di età giovanile sono evidenti i prestiti dal maestro, rappresentati da un uso privilegiato della sanguigna su carta preparata e da un disegno già molto definito, così cambiano una volta approdato in età più matura: penna e inchiostro nero acquerellato vengono preferiti per dare profondità alle scene e alle figure. Anche i primi pensieri sono risultati molto interessanti per capire lo sviluppo non solo del progetto dell’opera singola, ma anche per l’evoluzione dell’arte di Giulio Romano.
I nostri occhi si sono posati poi anche su quelle meravigliose decorazioni che ornano le sale: stucchi, quadri, volte e pareti affrescate e grottesche popolano Palazzo ducale, che al tempo suscitarono l’invidia anche dell’Imperatore Carlo V. Bertelli ha fatto presente, tra un passaggio e l’altro nelle varie sale, che i moltissimi spazi vuoti incorniciati da queste decorazioni in stucco ospitavano effettivamente dei quadri che con la vendita della collezione a metà del Seicento perpetrata da Vincenzo II, entrarono in quella di Carlo I Stuart, re d’Inghilterra.
Se la prima sezione allestita al piano terreno del Castello di San Giorgio, Il segno di Giulio, analizza la produzione grafica di Giulio come progettista, designer e pittore in un momento precedente l’arrivo nella città gonzaghesca, nella seconda Al modo di Giulio, che occupa la Corte Nuova e l’Appartamento di Troia, viene suggerito un dialogo diretto tra i disegni dell’artista e la decorazione della residenza dei Gonzaga. Infatti, sala per sala, laddove è ancora possibile, s’instaura una relazione tra i suoi disegni e gli ambienti reali. È il caso, ad esempio, della Sala dei cavalli dov’è esposto il disegno preparatorio per la decorazione del soffitto con la Caduta di Icaro, confronto apprezzabile tramite uno specchio.
La terza sezione della mostra, Alla maniera di Giulio, chiude il percorso e qui vengono approfonditi i temi di Giulio Romano architetto, tra cui spicca la copia di un disegno da parte di Andrea Palladio, e quello della sua eredità, con le opere di allievi e discepoli, quali Fermo Ghisoni, Giovanni Battista Bertani, Lorenzo Costa.
Di grande impatto e ben conservati sono il salone d’onore tutto decorato con affreschi che ripropongono il finto marmo come la scalinata d’accesso al palazzo, la Camera dei Cesari, i cui ritratti sono di Tiziano e le cornici di Giulio Romano, per la quale il prof. Bertelli ha fortemente voluto e fatto sistemare dei pannelli sulla porzione inferiore che riproponessero la decorazione originaria mutuata da un rilievo di Ippolito Andreasi.
La seconda parte della giornata è stata dedicata alla visita di Palazzo Te, che ospita l’esposizione Arte e desiderio, sempre dedicata al celebre artista. Anche qui una guida d’eccezione ed eccezionale, la professoressa Laura Lo Prete, che ci ha introdotto e portato alla riflessione sulla tematica affrontata dalla mostra, che è strettamente connessa al luogo che la ospita. Soggetti erotici e storie amorose sono infatti ricorrenti nelle sale di Palazzo Te, i quali ci sono stati ben spiegati dalla professoressa che ha posto particolare accento sul senso della costruzione dell’edificio, commissionato a Giulio Romano da Federico II Gonzaga quale luogo di svago, di riposo e di incontri amorosi con la bella cortigiana Isabella Boschetti. Questo luogo di delizie doveva sorgere fuori città in un isolotto circondato da laghetti dove già si trovava un edificio quattrocentesco, luogo di addestramento per i pregiati cavalli, soggetto che ricorre in particolare nella sala omonima. Tra quadri, arazzi e sale di soggetto mitologico, come la Sala dei Giganti, il nudo e la tematica erotica ci hanno offerto la possibilità di riflettere su un aspetto relativamente poco noto dell’arte del Rinascimento, che ha avuto libertà e vita breve, poiché il Concilio di Trento mise al bando questo genere di produzione. A celebrare la tematica e l’influsso di quegli allora neonati scavi romani iniziati nel Cinquecento sul coacervo di staterelli del suolo italiano, all’ingresso della mostra si staglia la statua di Venere, dea per antonomasia dell’amore, già di proprietà di Giulio Romano e donata dall’artista al marchese di Mantova, Federico Gonzaga. L’esposizione è divisa in sei parti che celebrano l’artista presentando molte fasi della sua produzione, sin da quella giovanile nella bottega di Raffaello, in particolare il suo intervento nella decorazione della stufetta del Cardinal Bibbiena nel Palazzo Vaticano (1515-1516), e nella Loggia di Psiche alla Villa Farnesina a Roma; quella de I Modi, una serie di 16 immagini pornografiche, incise da Marcantonio Raimondi e accompagnate da sonetti licenziosi composti da Pietro Aretino e le ultime tre ospitanti disegni e incisioni con soggetti amorosi mascherati da storie mitologiche e giustificati come traduzioni in immagini di invenzioni letterarie e poetiche che, come già ricordato, a seguito delle disposizioni del Concilio di Trento, vennero meno. In quest’ultima parte della mostra vengono ospitati anche la tela intitolata i Due Amanti, conservato all’Ermitage realizzato poco prima dell’arrivo dell’artista a Mantova, nel 1524, e lo spettacolare arazzo con Mercurio ed Erse.
Una giornata spettacolare si è conclusa all’insegna della scoperta di Giulio Romano, prima attraverso quel trait d’union che è il disegno a Palazzo Ducale e poi, sotto la più celata veste di pittore di scene erotiche che vide la sua miglior celebrazione nel luogo di tale leggerezza e brio, Palazzo Te.

Due facce della stessa medaglia che, dopo trent’anni dall’ultima retrospettiva sull’artista, tornano a toccarsi nella stessa città che ne aveva suggellato il coronamento a maestro indiscusso e fautore di quella strana e stravagante maniera romana che seppe dialogare con il nord dell’Italia, influenzando tutti i settori dell’arte.

1° Appuntamento del 7° ciclo di incontri a Palazzo Chiericati- 15 ottobre

Tra Storia dell’arte e Restauro.

Il mecenatismo di Vittorio Lombardi. Dal K2 a Villa Cordellina, dall’alpinismo alla progettazione del CISA.

Il primo appuntamento del 7° ciclo di incontri di formazione, organizzato dagli Amici dei Musei di Vicenza a Palazzo Chiericati, ha visto l’intervento del prof. Luca Trevisan in merito alla figura del grande mecenate Vittorio Lombardi (1893-1957). Il professore ha voluto ripercorrere la biografia di questo personaggio partendo a ritroso, dagli ultimi anni della sua vita. Se infatti non si conoscesse la vita di Vittorio Lombardi, sembrerebbe che gli ultimi anni non abbiano avuto nulla a che fare con quelli precedenti. La grande scalata del K2 del 1954, un’impresa tutta italiana, porta anche il suo nome. Egli rese possibile il sogno di molti che avevano tentato questa enorme fatica sulla seconda cima più alta del mondo, guidata dal geologo e amico Ardito Desio. Sessant’anni dopo, a raccontarci come avvenne quest’impresa, sono stati Luca Trevisan e Andrea Savio che nel 2014 ne hanno scritto un libro a quattro mani Vittorio Lombardi. Mecenate illuminato e tesoriere della conquista italiana del K2.
Il nome di questo grande mecenate, tuttavia, è conosciuto soprattutto per il grande amore che nutriva per l’arte e per la sua vena filantropica, che andavano di pari passo con l’altra grande passione già nominata, l’alpinismo.
Sono famosi i suoi contributi destinati a restauri e alla costruzione di grandi opere pubbliche, in particolare per quel famoso intervento che ha fatto rivivere Villa Cordellina a Montecchio Maggiore.
Cosa lega, dunque, la scalata del K2 al recupero di Villa Cordellina, oggetto di questo primo incontro? Che Lombardi fosse il munifico mecenate di Villa Cordellina, era noto a tutte le persone di media cultura, ma che avesse avuto parte anche nell’eccezionale impresa del K2, è stata una novità assoluta. Dobbiamo partire dall’inizio questa volta. Vittorio Lombardi, di umili origini, divenne ben presto, grazie a quel grande senso dell’intuizione, che fu la sua fortuna, un ricco industriale. Sensibile all’arte e amante della montagna, si iscrisse al CAI, ricoprendo ruoli di alto rilievo; già nella sua mente era nata l’idea di creare una scuola d’alpinismo per far interessare svizzeri e austriaci alle nostre montagne, progetto che mai si compì, ma che rese l’idea del suo continuo impegno, e Villa Cordellina non fu che l’esempio concreto di tale amore e filantropia.
Secondo una storia locale, il restauro di Villa Cordellina avvenne in seguito a un viaggio di ritorno che il nostro mecenate stava compiendo per tornare a Milano. Passando per Montecchio Maggiore, si accorse dello status in cui verteva la villa, per cui non perse tempo e la acquistò per restituirle il grande splendore che aveva perso e che meritava di rivivere.
La villa incarnava l’antica proposta dell’ azienda agricola di Palladio, un punto focale quindi, che venne ingigantito in termini scenografici. Il grave stato di incuria lasciato dai precedenti proprietari si era perpetrato nei secoli dopo la fine della Serenissima nel 1797; il destino che si prospettava per le ville venete, infatti, era quello di venire separate dalle proprietà agricole, la linfa vitale dell’azienda, le quali venivano spartite tra tutti i possibili eredi, poiché era venuto meno il principio del fideicommissum. Nel 1954 Lombardi la vide e la acquistò, l’anno successivo il restauro fu ultimato. È qui che emerse il suo senso filantropico: non comprò la villa per abitarci o perché entrasse a far parte delle sue proprietà per poi abbandonarla, le dette una destinazione d’uso e la aprì al pubblico.

Non meno importante fu l’altra grande impresa che non vide purtroppo realizzata, la fondazione del CISA con Renato Cevese. Un altro esperimento culturale ben riuscito. A suo ricordo nei primi anni di vita dell’istituto venne creato un premio che portava il suo nome.
La figura di questo mecenate deve, in questo senso, essere letta in maniera trasversale e riletta sotto un’altra luce: egli, grande mecenate, era convinto che tutti si dovessero occupare dei beni artistici e culturali, in particolare si rivolgeva a quella classe alto-borghese della quale faceva parte.
Villa Cordellina e il K2 sono le due imprese che più gli dettero lustro e fama, così diverse, ma altrettanto molto simili, perché simbolo di una lungimiranza che ha avuto l’ardire di affacciarsi al mondo internazionale e scuoterlo.

 

XVI Giornata Nazionale degli Amici dei Musei

XVI GIORNATA FIDAM

L’incontro articolatosi nelle due giornate di sabato 5 ottobre e domenica 6 ha messo in luce, ancora una volta, l’importanza dell’intervento svolto dall’Associazione degli Amici dei Musei di Vicenza nelle questioni di valore artistico e cittadino. Quest’anno l’appuntamento della FIDAM Associazione degli amici dei Musei, patrocinato anche da AMEI, è stata dedicata al patrimonio dei musei ecclesiastici.

Ad aprire la prima giornata è stato il presidente dell’Associazione degli Amici dei Musei, Mario Bagnara, che ha voluto sottolineare la grande eco avuta dal Museo diocesano di Vicenza sia a livello nazionale, sia estero. “Un riscontro interessante -dice il Presidente Bagnara-, che rende il polo un contenitore prestigioso del patrimonio ecclesiastico diocesano”. Dunque, un sodalizio ben riuscito e saldo, che ha visto la sua piena realizzazione nella mostra Maffei e Carpioni delle Zitelle: dal furto alla rinascita al Museo Diocesano. Queste due giornate studio sono state l’occasione per evidenziare la portata dell’azione svolta dall’Associazione, che è intervenuta non solo sotto il profilo culturale come patrocinante dei due appuntamenti, ma anche come risolutiva risorsa nella scoperta e nel finanziamento del restauro della tela del maestro Giulio Carpioni, che giaceva in uno stato precario presso l’Oratorio di San Michele Arcangelo di Villa Trento Carli a Costozza. Un intervento di restauro ancor più oneroso e importante è stato compiuto precedentemente per il portale di accesso al giardino del Teatro Olimpico che, a breve, grazie ai fondi donati dall’Associazione, riacquisirà lo splendore celato da anni di intemperie e che vedremo prossimamente documentato in un catalogo. Grazie a questa azione si è  così suscitato l’interesse del restauro anche delle adiacenti pareti murarie da parte del Comune di Vicenza che ha provveduto attraverso il consolidamento e la pulitura delle superfici.

Il primo giorno ha visto poi il duplice intervento di Monsignor Gasparini, direttore del Museo Diocesano, e di Luca Trevisan, il vicepresidente dell’Associazione degli Amici dei Musei e dei Monumenti di Vicenza, in merito alla questione del ruolo del Museo Diocesano all’interno del tessuto urbano.

La riflessione sul Museo ha portato ad evidenziare come questo sia il contenitore di un patrimonio artistico importante, che riflette i segni di una fede vissuta nei secoli dalle generazioni, ed è simbolo del potere religioso insieme al Duomo, poiché sede anche del palazzo vescovile. Il Museo Diocesano, come il Duomo e la Basilica palladiana,  è stato, ed è tuttora, elemento identitario e connotante per la città, perché non solo centro del potere, ma anche luogo insediativo antico, sul quale nel XVII secolo Ottavio Revese Bruto costruì il palazzo vescovile che venne ridefinito insieme alla piazza nell’Ottocento in senso neoclassico e ricostruito dopo il secondo conflitto mondiale.

Il Diocesano, aperto dal 2005 e intitolato a Monsignor Pietro Nonis, è – dice Monsignor Gasparini – “non un semplice deposito di oggetti, ma è evento culturale, un approfondimento di vita e fede nei secoli; è evento caritativo e cultuale che assolve attraverso l’arte e la bellezza il messaggio evangelizzatore”. È per questo una meraviglia nella meraviglia, memoria nella memoria. Beni e palazzo vescovile sono testimonianze e luoghi di memoria per conoscere il nostro passato cittadino e capire il presente, intonando così un concerto armonico tra storia, tradizione, sede e patrimonio.

L’oggetto della seconda giornata della FIDAM è stato quello della grande collaborazione avvenuta tra l’Associazione e il Museo Diocesano, che ha permesso di riportare allo splendore una pala che giaceva in condizioni precarie, rappresentante La visione di Sant’Antonio da Padova del veneziano Giulio Carpioni (1613-1678). Il ritrovato aspetto vivace e fresco si deve al restauro ancora in corso d’opera della scledense Alessandra Sella.

Il lavoro e le analisi della restauratrice hanno corroborato le tesi sostenute dalla vicepresidente dell’Associazione degli Amici dei Musei e dei Monumenti di Vicenza, Katia Brugnolo, che in seguito a ricerche e confronti con opere del maestro sia giovanili che della maturità, ha ritenuto di poter ascrivere  il manufatto intorno al 1655-1660. La difficoltà di datare la pala si è riscontrata già ab origine, poiché anche le notizie sull’autore erano scarse e non troppo recenti. I confronti tra le opere conosciute e il riconoscimento dei vari influssi ricevuti dall’autore hanno dato modo alla dottoressa Brugnolo di circoscrivere la pala in questione: un gruppo di opere aventi lo stesso soggetto, Sant’Antonio da Padova appunto, segnano un appiglio cronologico utile, e ben si è prestato anche il confronto stilistico tra queste e quelle di altri periodi immediatamente antecedenti e successivi che risultano tra loro molto diverse. Ecco che è stato possibile avvicinare il Sant’Antonio di Costozza all’opera omonima del 1639 realizzata dal pesarese Simone Cantarini (1612-1648) che soggiornava a quel tempo a Verona.

L’incontro di domenica si è concluso con la visita al primo piano del Museo Diocesano  alla mostra Maffei e Carpioni delle Zitelle: dal furto alla rinascita, dove attualmente è visibile la pala di Carpioni ancora in restauro, al termine del quale verrà pubblicato anche un volume contenente tutti i lavori eseguiti sull’opera, altro frutto della collaborazione tra Museo Diocesano e Associazione  Amici dei Musei di Vicenza.

Paola Lunardon

 

7° ciclo di di incontri organizzato dagli Amici dei Musei di Vicenza a Palazzo Chiericati

Siamo giunti alla settima edizione di un appuntamento divenuto oramai ciclico per il nostro calendario di eventi annuale.

Dopo i corsi degli anni precedenti rispettivamente dedicati all’architettura, alla scultura, all’urbanistica, alla pittura, al paesaggio e all’arte contemporanea, il ciclo di lezioni proposto quest’anno sarà incentrato su tematiche diversificate e coinvolgerà argomenti che spazieranno dalla storia dell’arte al restauro.

Innanzitutto si porrà l’attenzione sul recente restauro del Portale del Teatro Olimpico di Vicenza – realizzato grazie al contributo dell’Associazione – e su altri restauri condotti in tempi recenti dalla Scuola di Restauro dell’Accademia di Belle Arti di Verona, che saranno presentati come esemplificazione di metodologie innovative nonché del moderno concetto di restauro. Si passerà poi a temi differenti, ma di grande attualità come la Street Art e la proposta per la nostra città di un evento di richiamo internazionale; la presentazione della mostra mantovana su Giulio Romano da parte di uno dei membri del comitato scientifico organizzativo e il ricordo della figura di un mecenate talentuoso quale fu Vittorio Lombardi.

Info

Gli incontri si svolgeranno nel Salone d’Onore di Palazzo Chiericati, gentilmente concesso dal Comune di Vicenza, che ha patrocinato l’iniziativa. La partecipazione al corso è gratuita. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Le conferenze saranno della durata di un’ora e mezza circa.

Ad aprire la rassegna sarà Luca Trevisan (Accademico Olimpico), Martedì 15 ottobre alle ore 17.00, con una conferenza dal titolo Il mecenatismo di Vittorio Lombardi. Dal K2 a villa Cordellina, dall’alpinismo alla progettazione del Cisa.

Tesoriere del Cai per la vittoriosa spedizione italiana sul K2 del 1954, e grande amico di Ardito Desio, fu Vittorio Lombardi a rendere possibile sotto il profilo finanziario la costosissima spedizione. Amante delle ville venete soprattutto dopo aver visto la celebre prima mostra sulla civiltà della villa veneta curata da Giuseppe Mazzotti nel 1952 a Treviso (e replicata a Milano, Roma, New York) – una mostra che costituiva un grido d’allarme di fronte a un patrimonio inestimabile che stava andando in rovina -, vide la villa Cordellina di Montecchio Maggiore, capolavoro del Settecento veneto, si innamorò di quella “regina spodestata e sola abbandonata sul ciglio della strada” (come ebbe a descriverla), decise di acquistarla e di restaurarla. Era sostenuto da idee illuminate di un mecenatismo d’altri tempi.

sabato 5 e domenica 6 ottobre 2019 – XVI Giornata Nazionale degli Amici dei Musei

Cari Amici,

Siamo giunti alla XVI Giornata Nazionale degli Amici dei Musei dedicata quest’anno ai Musei Diocesani un patrimonio assai numeroso e diffuso in tutta Italia. Il materiale che custodiscono è quanto mai eterogeneo: non sono infatti solo oggetti di arte sacra, ma anche collezioni archeologiche, etnologiche, scientifiche ecc. Il loro patrimonio culturale è conservato come memoria della comunità affinché essa ne sia stimolata nel gestirlo ed accrescerlo.

Per rendere omaggio e valorizzare il Museo Diocesano della sua città, l’Associazione Amici dei Musei di Vicenza propone due giornate di studio, le cui tematiche metteranno in luce le vicende che hanno condotto alla realizzazione di un museo ecclesiastico per Vicenza e il costante impegno di questa istituzione nell’attività di conservazione dei tesori che custodisce.

Inaugurato nel 2005 il Museo Diocesano di Vicenza è nato per il desiderio della comunità cristiana vicentina di guardare al suo passato con vitalità e passione, alla sua voglia di dialogare con la modernità, orgogliosa di vantare un’esperienza secolare di fede e arte.

Organizzare un museo della memoria storica, religiosa, artistica e culturale cittadina significava (e significa) testimoniare il nostro passato per renderlo il destino della nostra formazione, interpretare le radici del tempo per capire il presente e fornire le chiavi di lettura del futuro (Luca Trevisan).

SABATO 5 OTTOBRE ore 10.30 Sala Lazzati – Palazzo Opere Sociali (Piazza Duomo, 2)

Il Museo diocesano di Vicenza. La vocazione del sito

Presentazione: Mario Bagnara (Presidente Amici Musei Vicenza).

Relatori: Mons. Francesco Gasparini (Direttore del Museo Diocesano); Luca Trevisan (Vicepresidente Amici Musei Vicenza e Accademico Olimpico)

Il Museo Diocesano di Vicenza sembra aver trovato, nel palazzo vescovile, la sede ideale, ma quali furono le ragioni della scelta di allestire tale museo all’interno del vescovado? Quali furono i presupposti perché l’involucro (il palazzo, il museo) e il contenuto (l’apparato storico-artistico-documentale e il suo prezioso allestimento) intonassero un armonico concerto? Non si tratta di un luogo separato, ma di un luogo in continuità fisica e culturale con l’ambiente circostante, non estraniato dagli altri contesti storico-artistici ed ecclesiali.

DOMENICA 6 OTTOBRE ore 16.30 Sala Lazzati – Palazzo Opere Sociali (Piazza Duomo, 2)

Una pala ritrovata di Giulio Carpioni, in un’analisi approfondita alla luce del restauro

Presentazione: Mons. Francesco Gasparini (Direttore del Museo) e Mario Bagnara (Presidente Amici Musei Vicenza).

Relatori: Katia Brugnolo (Vicepresidente Amici Musei Vicenza e Docente all’Accademia delle Belle Arti di Verona); Alessandra Sella (Restauratrice)

Il restauro della pala di Giulio Carpioni raffigurante S. Antonio da Padova adorante Gesù Bambino, proveniente dall’Oratorio di San Michele Arcangelo di Villa Trento Carli a Costozza (Vicenza), è stato finanziato in parte anche dall’Associazione Amici dei Musei di Vicenza. Questo intervento ha reso possibile un interessante scambio di opinioni e deduzioni tra storica dell’arte e restauratrice.

La pala, attualmente in corso di restauro al Museo Diocesano e visibile all’interno del percorso della mostra “Maffei e Carpioni delle Zitelle. Dal furto alla rinascita(27 settembre 2019 – 06 gennaio 2020), potrà essere apprezzata dai partecipanti dopo l’incontro di domenica 6 ottobre.